La Storia

Comincia tutta al femminile la lunga storia delle racchette umbre al Lawn Tennis Club Perugino

Il Lawn Tennis Club Perugino

Un’irresistibile voglia d’Inghilterra animava i salotti della Perugia di fine secolo. Cosa fare, dunque, oltre masticare pasticcini e qualche vocabolo sassone nei consueti thè pomeridiani? Fu Bice Tittoni, dinamica moglie dell’allora Prefetto a trovare la soluzione. II tennis, o come veniva chiamato allora, il Lawn Tennis, a sottolineare le sue origini britanniche ed erbose. Un gioco che l’Albione, non ancora perfida, riservava volentieri anche alle signore. Fu così che le nobildonne perugine impugnarono “le padelle di corda”, come qualche burlone chiamava le racchette, scambiandosi palline da una parte all’altra di un campo che di erba ne aveva ben poca.

Storia

II Lawn Tennis Club Perugino nasce il 3 maggio 1899. L’impianto é in via delle Streghe, la strada che scende a fianco del cinema Pavone. In uno dei cotili sottostanti, al riparo da occhi curiosi, sorge il primo campo.

Pochi giorni dopo, il 16 maggio, c’era tutta la nobiltà perugina ad assistere alla prima esibizione. Oltre a Bice Tittoni, animavano il club l’appassionatissima contessa Cristina Valentini, presidente effettiva, l’altra contessa Lina Manzoni in qualità di segretaria, oltre ad alcuni nobiluomini come Claudio Faina, Vittorio Pucci, Alfredo Benicelli, Ugo Salvatori.

Ogni appuntamento si concludeva con una serata mondana, alcune in grande stile, come quella organizzata al teatro della Minerva nell’aprile del 1901.
Piccola curiosità, riferita all’anno seguente, allorché arrivò a Perugia il ping-pong.
Non ebbe un gran successo, forse anche per colpa di un articolo affatto tranquillizzante del giornale che intimava: “Attenzione, può provocare la tendosinovite!”.

Torniamo al tennis. II salto di qualità avvenne con i due campi in terra battuta costruiti a ridosso dell’ospedale Fatebenefratelli. Affacciandosi da viale Indipendenza si potevano vedere signori e signore rimandarsi a fatica la palla da una sponda all’altra del campo. E’ quanto fece un cronista del Popolo, che, dal muricciolo sovrastante, raccontò in termini decisamente irrisori lo spettacolo. “É un gioco elegante, utile, piacevolissimo e anche semplicissimo. Si fa così. Monelli e soldati, qualche balia e una guardia municipale prendono posto ne l’alto di viale Carlo Alberto (l’attuale viale Indipendenza). Di sotto, invece, a due a due, si dispongono, in bell’ordine, signori e signore. E il gioco comincia. II giocatore o la giocatrice lancia una palla, quindi un’altra e poi un’altra: tutte – qui sta il gioco – vanno in terra: sia per l’elementarissima legge di gravità dei corpi che qui non conviene spiegare, sia perché l’avversario non é obbligato a ribatterle in aria; viceversa il ragazzino del Tennis é obbligato a raccattarle e consegnarle ai giocatori che tornano a gettarle in terra, e via di seguito. E si dice: fallo; poi: 15, poi: 30; e intanto mentalmente si calcola che 30 e 15 fanno 45, cosi, si dice forte: 45!”.

Non sapeva, il cronista, che quel punteggio aveva antecedenti medioevali. Tuttavia non doveva essere uno spettacolo granché divertente. Eppure la passione non tramontò attecchendo anche tra gli uomini e i perugini lentamente s’impratichirono di questo sport fino a raggiungere discreti livelli. I frequentatori più assidui erano Federico Marro e Lelio Torelli (Lellé per gli amici), Federico Pucci della Genga, Arturo Monasterio, Lelio Torelli, Enrico Leone Rosati. Tra le donne Vittoria Luce Danzetta non aveva rivali.

Gli anni trascorrevano e si cominciavano a vedere le prime divise bianche, con scarpe senza tacco per le signore. Nel frattempo il circolo tennistico traslocava di campo in campo, fino ad approdare ai giardini del marchese di Sorbello, a Porta Pesa. Qui, nel marzo del 1911, nasce il Tennis club perugino, con Vera Dolgouky Bracceschi nelle vesti di presidentessa. Anche se vissuto in modo assai poco competitivo, va detto che il tennis fu forse lo sport col più alto tasso di equa distribuzione tra sessi.

II primo, vero torneo di cui si ha notizia risale al 1911, con la Coppa Monticelli che fu vinta dal marchese Lelio Torelli. L’anno successivo fu la neonata sezione tennistica Fortebraccio a organizzare il primo campionato sociale, il 28 luglio del 1912, presso la villa Gallenga di Mandoleto. Vinse Federico Marro, che bissó il successo l’anno seguente, sempre nella Coppa Monticelli, battendo un coriaceo Torelli per 6-4,6-5. In tutte queste circostanze non veniva ignorato, come al solito, l’aspetto mondano.

Via via s’imposero nomi nuovi, come Gino De Martino che, sotto i colori del Tennis Club Roma, era diventato campione italiano nel 1895 per poi ripetersi, incredibilmente, sedici anni dopo, nel 1911 come il conte José Telfner, capitano dei tennisti perugini e fortemente intenzionato ad organizzare un torneo interprovinciale per le società limitrofe affiliate alla Federazione Nazionale Tennis, ovvero Arezzo, Rieti, Pistoia, Firenze, Spoleto e Foligno. Tentativo vanificato dall’imminente conflitto.
Ci fu solo il tempo per Federico Marro di aggiudicarsi la Coppa Salvatori e di primeggiare anche nel doppio insieme a José Telfner.

Sarebbero state sfide infuocate con la Libertas, dove il professore Percy Frost impartiva lezioni a 50 lire annue per tutta la famiglia e a 20 lire per i soci temporanei. Tra i suoi migliori allievi Romano Santini, Arturo Cosentini, Romolo e Osvaldo Cappelli, Benedetto Veneziano, Giuseppe Innamorati e la brava Gladys Moore.

Niente sfide, niente derby. Anche in questo caso la guerra troncò tutto sul nascere.

(tratto da “Stelle in corsa”, di Alfio Branda e Leonardo Malà, Perugia 2002)

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